Compagnie aeree e dress code

compagnie aeree e dress code

Riportiamo oggi uno strano caso che vede coinvolta una compagnia aerea americana, la United Airlines alle prese con i codici di abbigliamento all’interno dei suoi aeromobili.

A due ragazze è stato vietato di salire a bordo di un aereo della United Airlines perchè vestite in modo “non consono”.

E’ accaduto negli Stati Uniti d’America, precisamente a Denver. A due ragazze lo staff della United Airlines ha impedito l’imbarco perchè il loro abbigliamento è stato reputato non consono al dress code dell’azienda.
L’accadimento non è certo un caso eccezionale, anche ad una bambina di dieci anni era stato chiesto di non imbarcarsi per via dell’abbigliamento. I genitori, però, erano prontamente intervenuti cambiandole vestiti.

Il caso delle due ragazze in leggings ha avuto, però, la fortuna di esser stato documentato in diretta da un’attivista, Shannon Watts. Dopo aver assistito alla scena, immediato è stato il lancio nell’etere di un tweet.

La United Airlines si è difesa sostenendo che le giovani avevano dei biglietti che impongono un “dress code” (regole d’abbigliamento). Si tratta dei cosiddetti “United pass travellers”, biglietti concessi a parenti stretti di dipendenti della compagnia. Il “dress code” United oltre ai leggings vieta a chi ottiene questi biglietti ciabatte da spiaggia, qualsiasi vestito troppo attillato tanto da rivelare la biancheria intima, pantalocini troppo corti, magliette con scritte o immagini offensive.

Come è stato spiegato poi i valori aziendali sono fondamentali e coloro i quali viaggiano in qualità di dipendenti, o con biglietti di tipo “Pass Riders”, sono considerati rappresentati d’azienda. C’è quindi obbligo di adottare un dress code tale da non cozzare con i valori proposti. I viaggiatori normali, infatti, non sono soggetti agli stessi vincoli.

Sui social si è subito scatenata l’ironia e l’hashtag #leggingsonplane è stato usato centinaia di volte in decine di lingue

La polemica ha portato la United Airlines a scrivere ancora sulla questione: “A tutte le nostre clienti, i vostri leggings sono i benvenuti!”.

 

Gli studi legali al tempo dei social network

Secondo alcuni risultati da un’indagine condotta da Ultralaw su circa 500 studi legali italiani, il social network che viene maggiormente utilizzato resta Facebook (circa il 55%).

Negli Studi legali italiani c’è ancora molta diffidenza nell’uso dei Social Network per scopi professionali, in particolare per la mancanza di una vera e propria cultura di “social media marketing applicata agli studi legali”

  1. il 75% degli Studi Legali non ha un Corporate Blog, che può essere considerato lo starting point per una corretta strategia di social media marketing
  2. per il 39% degli Studi Legali, il Social Media Marketing non è una funzione centralizzata (ovvero non è gestita!)

C’è tanta strada da percorrere per avvicinarsi ai dati USA e alle tendenze degli Studi Legali americani, per i quali l’utilizzo dei social network è fondamentale per sviluppare business. Tuttavia, ci sono dei chiari segnali di una tendenza a concedere sempre maggiore importanza ai canali social. Basti pensare che saper utilizzare i social network è ritenuto indispensabile o molto importante per il 56% degli avvocati.

Nonostante il social media ad uso professionale per eccellenza sia Linkedin, solamente una piccola parte (il 44%) degli studi legali italiani usano un profilo su Linkedin.

Solo pochi studi legali hanno un corporale blog (25%) integrato e aggiornato sul sito web e questo è un buon punto di partenza per una buona strategia social.

I social network sono sia uno strumento di informazione ma allo stesso tempo anche di relazione, nascono infatti per intrattenere relazioni fra utenti. Spesso però la maggior parte dei professionisti, come gli avvocati, usano questi strumenti di comunicazione come delle vere e proprie vetrine. Vengono raccolte sui social tutta una serie di notizie a scopo divulgativo e informativo, privi dunque di alcun contenuto che possa servire per instaurare una relazione con il lettore.

Bisogna ricordare che i social network sono delle “piazze virtuali” dove far crescere la brand reputation dello studio legale attraverso contenuti coinvolgenti e accattivanti. Un luogo dove condividere esperienze e raccontare una storia (uno storytelling) a “puntate” in modo da creare un’abitudine nel lettore e creare curiosità. Ultima considerazione è che  nei social a parlare sono le persone,  perciò i professionisti devono alternare toni formali a quelli informali e di colore (senza scadere di livello), questo rinforzerà la relazione con i vostri lettori .

Il nostro studio legale si avvale di un team di professionisti specializzati in comunicazione e marketing degli studi legali che ci svelano ogni giorno preziosi consigli e ci guidano nella gestione della nostra reputazione online.